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Federico Gaio, torinese d'adozione, ha ancora casa in quel di Faenza, sua città di origine e una di quelle maggiormente colpite dall'alluvione che sta mettendo in ginocchio l'Emilia Romagna. Per chi in quella terra ha radici e famiglia, vedere tutto da lontano è una sofferenza
di Cristian Sonzogni | 19 maggio 2023
È tremendamente difficile restare concentrati sul tennis, sullo sport, mentre la propria terra vive una tragedia. Federico Gaio, torinese d'adozione, ha ancora casa in quel di Faenza, sua città di origine e una di quelle maggiormente colpite dall'alluvione che sta mettendo in ginocchio l'Emilia Romagna. Le immagini delle inondazioni, delle famiglie sfollate e delle case travolte stanno facendo il giro del mondo, e per chi in quella terra ha radici e famiglia, vedere tutto da lontano è una sofferenza.
“Faenza – spiega Gaio, tra i quattro semifinalisti del Piemonte Open Intesa Sanpaolo – è stata la prima a subire questa situazione drammatica. È difficile da lontano capire per bene ciò che sta accadendo, nonostante uno ti spieghi rimane sempre tutto avvolto dalla nebbia, la distanza non aiuta. Ma in tivù e su web ho visto immagini della mia città allagata e francamente non l'ho riconosciuta. La situazione è davvero molto brutta, per fortuna la mia famiglia è stata fortunata, non abbiamo avuto nessuna problematica. Ma ci sono tante persone che stanno soffrendo e attività commerciali irriconoscibili, da buttare via”.
Il pensiero di Federico è agli amici e ai parenti, alle prese con un evento tragico, che ha sconvolto un'intera regione. “La fortuna nostra è che, a parte un po' di acqua nel giardino, non abbiamo avuto grossi problemi. Ma siamo un'eccezione. Ho letto un post social di un'amica di Faenza che vive all'estero. Diceva che non ci si può immaginare quanto sia difficile non esserci, perché ti senti inutile, vorresti essere lì a togliere il fango insieme a chi lavora per ripristinare una specie di normalità. Io posso confermare, avverto la stessa sensazione: sei da un'altra parte, dovresti ritenerti in qualche modo fortunato ma ti senti inutile. A volte non essere presenti sul luogo di una tragedia non aiuta a stare bene, al contrario peggiora le cose”.
L'obiettivo è quindi concludere il torneo Challenger di Torino e poi tornare a casa, per aiutare chi ne ha bisogno. “Data la situazione di pioggia che persiste anche a Torino, la settimana prossima non giocherò nessun torneo, visto che non potrei comunque disputare le qualificazioni. Quindi tornerò a casa e cercherò di capire com'è la situazione, per poi aiutare, dare una mano a liberare le case dal fango. Ci sono persone care che hanno avuto seri danni, voglio poter aiutare un minimo, per quanto è nelle mie possibilità”.
Una situazione che purtroppo non è nuova, per chi viaggia quasi tutto l'anno ed è costantemente lontano da casa. “A noi che viviamo spesso in giro per il mondo, capita più volte di vivere situazioni come questa, nelle quali non riesci bene a realizzare quanto sta succedendo. Faccio l'esempio dei tempi del Covid, quando ero a Indian Wells e da casa i miei genitori mi dicevano di lavarmi le mani, fare attenzione agli assembramenti, mettere la mascherina: a me pareva tutto surreale. Poi quando sono salito in aereo e ha visto le hostess con le mascherine, sono arrivato a Fiumicino e ho trovato l'aeroporto deserto, e infine da Fiumicino a Faenza ho incrociato 7 auto, ho capito tutto. La verità è che finché non vedi coi tuoi occhi è difficile realizzare la portata di un problema”.